Comitato DNT (Difesa Nostro Territorio)
associazione di promozione sociale
iscritta nella Sezione Provinciale del Registro
Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale,
ai sensi della Legge Regionale n.7/2006,con il numero: 46/NO.
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Al Presidente della Regione Piemonte
Sergio Chiamparino
Egregio Presidente,
al termine dell’ultimo incontro che abbiamo avuto con Lei in merito alla questione del progetto Eni
di attivare un pozzo di ricerca di idrocarburi nell’area di Carpignano Sesia ci siamo lasciati con
l’impegno da parte nostra di tenerLa aggiornata sull’evolversi della situazione. Come probabilmente
Le è noto, l’azienda ha presentato nel corso del mese di agosto la risposta alle innumerevoli osservazioni
fatte dal Ministero.
Le integrazioni presentate da Eni al proprio progetto non apportano alcun elemento di novità se non
la curiosa espansione dell’ipotetico giacimento, ridefinita però, sorprendentemente, non sulla base
di nuove acquisizioni di dati, come ci si dovrebbe aspettare. Ora i casi sono due: chi ha elaborato la
prima stesura non era particolarmente competente oppure siamo di fronte ad una fraudolenta manipolazione
dei dati. Trattandosi delle stesse persone, ci appare assai più probabile la seconda ipotesi.
Eni evidentemente ritiene di poter fare e disfare a proprio piacimento, dettando tempi e modalità
nella gestione della pratica di valutazione tecnica e ambientale, stravolgendo i percorsi burocratici
previsti dalle norme fino al logoramento della sua controparte.
Richiamiamo le principali questioni.
Sul piano tecnico le integrazioni riconfermano nella loro interezza le linee del progetto iniziale la
cui sicurezza ed efficienza è validata unicamente da una forma di autolegittimazione sintetizzabile
nella formula: noi siamo una grande azienda per cui siamo per definizione gli unici competenti, le
nostre tecnologie sono le migliori e di fronte ad ogni difficoltà sapremo operare al meglio!
Sul piano dell’impatto socio-economico e ambientale del progetto, coerentemente con la linea adottata
in campo tecnico, le integrazioni precisano che tutti questi aspetti saranno tutelati, anzi valorizzati, dall’attuarsi dello stesso. Ne darebbero conferma i dati, già citati nel progetto originario, degli
studi macroeconomici utilizzati per quella stesura nonché la presunta autorevolezza della campagna
realizzata negli anni scorsi da Assomineraria per convincere gli italiani della totale compatibilità tra
petrolio e agricoltura.
Si ignora interamente l’esistenza di un comparto agroalimentare d’eccellenza, affermatosi nei nostri
territori nel corso degli ultimi anni, e si preferisce rilanciare una “analisi” della crisi, nel territorio
novarese, dei settori produttivi manifatturieri che riflettono riassetti produttivi ormai in atto da decenni,
a cui, Eni suggerisce, potrebbero subentrare con “efficacia” le attività estrattive. A parte la
non attualità di quei dati sulla rappresentazione dell’economia regionale, piena di stereotipi e ormai
consunte genericità (che sembrano riprodurre le vecchie cartografie tematiche delle “eccellenze regionali
italiane” di cui l’Enit, ente di promozione turistica ormai scomparso, dotava le aule scolastiche
dell’intero Paese), questa volta le integrazioni sembrano voler quantificare realisticamente i riflessi
occupazionali connessi alla presenza delle trivelle. Le cifre proposte sono anche un po’ più
pessimistiche di quelle sbandierate in varie occasioni (ad esempio cercando di gettare sul piatto della
bilancia anche l’occupazione al Centro oli di Trecate) e appaiono agli occhi di tutti come dati
molto deludenti. Accanto alle cifre si propongono infatti anche i profili professionali i quali fanno
però immediatamente intuire che quelle maestranze verranno sicuramente da fuori e sono quindi
parte del pacchetto delle risorse aziendali, come i macchinari e gli impianti di perforazione. E’
quanto il nostro comitato aveva ampiamente sottolineato nelle osservazioni al progetto 2014 (e ancor
prima al progetto 2012, poi ritirato da Eni), incalzando l’azienda sulle volute genericità usate
per argomentare intorno a questo tema. Ancora una volta le integrazioni, al termine di questa informazione,
si appellano al fatto che in questa fase ci si sta occupando delle realizzazioni di un pozzo
esplorativo dopo di che, se gli esiti saranno positivi, ci si porrà il problema del resto che, comunque,
in questo campo sarà di tutto vantaggio per il territori!
Dovrà convenire con noi che questo continuo passare dal generale al particolare e viceversa, a seconda
delle convenienze, produce solo la sensazione di trovarsi di fronte a genericità e superficialità
dovute ad un’analisi del tutto utilitaristica.
Procediamo comunque nel sottolineare i caratteri delle ultime integrazioni di Eni.
L’azienda ha speso denaro a ricostruire gli scenari, per altro facilmente immaginabili, dell’impatto
visivo delle strutture guardate da ogni punto cardinale. Per realizzare questi fotomontaggi, così tanto
alla moda nella “comunicazione” dei progetti, ha inviato qualcuno a fotografare qui e là lunghi
filari di alberi (per altro messi a coltura per il taglio) che potessero restituire il massimo effetto di
camouflage della torre, ci si è però ben guardati dal compiere una verifica sul terreno per quanto
attiene il patrimonio storico artistico e le infrastrutture.
Per quanto riguarda il primo, si sono compulsati studi anche “classici” nella storiografia del territorio,
ma quasi sempre chi lo ha fatto (e sono quasi sicuramente più persone che hanno oltre tutto lavorato
in fretta e furia) ha ignorato l’analisi critica che su di essi nel tempo è stata condotta. Questa,
purtroppo spesso rimasta vox clamantis in deserto, ha corretto errori ed evidenziato scopiazzature,
genere “copia e incolla”, che da sempre devastano la storiografia locale. Le integrazioni pertanto
parlano di strutture monumentali di interesse storico-artistico che, per una necessaria ma mancata
rilettura dello scritto presentato, ora compaiono ora scompaiono. Parimenti vi sono luoghi che vengono
collocati in modo totalmente errato nel tessuto urbano contemporaneo.
Ebbene, come poter prendere sul serio un simile approccio al territorio! Molte di queste integrazioni
sono, oltre tutto, ridondanti ed inutili per chi quel territorio effettivamente conosce. Inoltre da un
tale accumulo di dati, Eni non ricava alcuna indicazione operativa neppure quelle evidenti anche al
lettore sprovveduto: in un territorio così densamente antropizzato e ricco di testimonianze del passato
come è possibile pensare di poter pianificare una attività di coltivazione di un giacimento di idrocarburi
esteso? Che senso ha spendere una incredibile quantità di denaro in un progetto esplorativo
che non avrebbe poi possibilità di essere realizzato senza produrre danni e devastazioni in quel tessuto
territoriale?
E veniamo agli aspetti riguardanti le infrastrutture.
Signor Presidente, si tolga una curiosità spendendo qualche ora (vedrà: non è cosa inutile!) e provi a
percorrere gli itinerari che il progetto propone per l’accesso al sito di perforazione da parte di tutti i
mezzi: leggeri e pesanti. Percorrerà strade difficili per il transito di mezzi di trasporto personale
(figuriamoci che cosa accadrà con il transito di mezzi pesanti di grosse dimensioni!), attraverserà
numerosi abitati privi di viabilità esterna e, infine, si inoltrerà su percorsi sterrati che scavalcano
continuamente corsi d’acqua e una rete idrica di irrigazione diffusa che richiederanno (il progetto e
le integrazioni lo ribadiscono) lavori di adattamento sicuramente (lo aggiunge il buon senso) molto
onerosi.
E’ forse questo l’indotto economico del progetto: realizzare nuove infrastrutture stradali, utili unicamente
ad Eni, accrescendo il già esasperato consumo del suolo di queste zone, i cui oneri ricadranno
unicamente sulla collettività?
Semplicemente percorrere questi due brevi itinerari le farà capire per quale ragione abbiamo sempre
parlato del progetto di Eni come di una aggressione al territorio e di guerra ai suoi abitanti e a tutte
le loro attività.
E’ una brutta guerra, saremmo tentati di dire, di carattere coloniale ottocentesco, fatta di sprechi
enormi e di violenze all’ambiente, che aprirà ferite rimarginabili solo nell’arco di tempi lunghissimi,
di molte generazioni. E forse neppure questo basterà.
Non abbiamo mai citato, volutamente, il problema dell’acqua e delle riserve strategiche regionali
che sono in questo territorio. Da solo esso dovrebbe imporre, in un contesto di società civile, che si
tacitassero senza tante cortesie le intenzioni di Eni e delle altre diverse, numerose aziende che si
occupano di prospezioni di ricerca di idrocarburi.
Che cosa accadrebbe di questi territori se per disgrazia un incidente contaminasse queste risorse,
sottraendole ad un loro possibile utilizzo?
In tal caso non vi sarà denaro capace di far fronte a una simile tragedia.
Abbiamo già accennato al fatto di quanto sia meschino e fraudolento invocare prospettive di “vantaggi”
economici per l’area interessata ignorando, al tempo stesso, il pesante impatto ambientale e
culturale che l’avvio di una attività estrattiva produrrà in questo particolare territorio, con le caratteristiche
che si sono, da parte nostra, fin dal principio e con estrema chiarezza evidenziate per opporsi
al progetto.
Eni, volutamente, non ha mai affrontato il problema delle ricadute sulla salute derivanti dalla presenza
di questo genere di attività.
Accanto alla indagine di Arpa Piemonte del 2011, Studio epidemiologico geofrafico descrittivo:
analisi dello stato di salute della popolazione nel comune di Cerano, di recente sono emersi nuovi
dati relativi ai territori coinvolti dal progetto Pozzo esplorativo Carpignano Sesia 1 dir. Lo Studio
epidemiologico nel Comune di Barengo e nei Comuni circondariali sede di una cava di RSU: analisi
della mortalità generale e per causa dal 2000 al 2009, condotto dal Dipartimento di Medicina
Clinica e Sperimentale dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, aggiunge
nuove inquietanti informazioni sull’inevitabile accumulo di situazioni allarmanti per la salute pubblica
nell’area.
Di fronte a queste prospettive la monetizzazione dei rischi ambientali va decisamente respinta, tanto
più che gli assetti societari traballanti di molti dei gruppi aziendali del settore peltrolchimico (tra cui
consociati di Eni impegnati in Piemonte) non sono certo una garanzia. Di fronte a qualsiasi danno
chi e come ne risponderà?
Avvallare sul piano tecnico il progetto Eni per Carpignano Sesia (non solo: per l’intero territorio
Piemontese), significa di fatto assumere sul piano politico responsabilità enormi.
Vogliamo ribadirne la sostanza: possiamo continuare a consentire ad imprese di questo tipo di imporre
a territori estesi, che stanno faticosamente ritrovando la via della ripresa economica, di porre a
rischio i frutti del proprio lavoro ed anche, per le generazioni future, la salute e le risorse più preziose,
quale appunto l’acqua?
E’ accettabile, come sta accadendo dal 2012, permettere ad Eni di fare il bello ed il cattivo tempo, di
strascinare i percorsi di definizione dei progetti a proprio piacimento, al di là di ogni regola di comportamento
civile e in forme che non sono consentite a nessun altro cittadino?
In varie occasioni abbiamo ribadito la doverosità da parte della Regione Piemonte di prendere posizione
in modo chiaro e definitivo sulla questione del possibile insediamento Eni a Carpignano.
E’ ora di porre fine al questo ricatto permanente nei confronti del territorio.
Di fronte ad alcuni contenuti del decreto “Sblocca Italia”, in modo per noi inspiegabile, il Piemonte
si è sottratto alla opposizione promossa da varie altre amministrazioni regionali italiane unitariamente
e in modo indipendente dalle diverse configurazioni politiche dei governi locali. La Regione
Piemonte, oltre tutto nel suo ruolo di coordinatrice delle attività relative all’ambiente nella conferenza
delle Regioni, non può continuare a negarsi questa assunzione di responsabilità.
Le parole che abbiamo ascoltato da parte dell’assessore all’ambiente al convegno di Gattinara del
26 settembre u.s., dedicato alla recente enciclica Laudato sì ed alla realtà delle terre piemontesi, ci
inducono a sperare in una svolta significativa. Con Valmaggia condividiamo la necessità che la politica
sia attenta ad ascoltare i territori e che l’ascolto non si riduca ad un rituale di falsi convenevoli
tra i politici ed i cittadini. Possiamo essere certi che la volontà di perseguire quello spirito di progetto
rivolto al futuro nell’ambito di una seria politica di Green Economy, che ha animato il programma
elettorale delle attuali forze al governo piemontese, non verrà smentita?
Lei stesso, sempre nel corso dei diversi incontri avuti, si era espresso in modo chiaro ed inequivocabile,
affermando che la ricerca di idrocarburi nel territorio della Regione Piemonte non era tra le
priorità della sua Amministrazione. Le valutazioni Sue e della Giunta, espresse ai Ministeri interessati
alle procedure di valutazione degli impatti ambientali del progetto Eni, sarebbero state di conseguenza
negative. Attendiamo con ansia e grande fiducia questo pronunciamento definitivo.
Confermandoci disponibili ad ogni utile confronto, a nome del Comitato porgo distinti saluti
Grazie per l’attenzione
Il Presidente del Comitato DNT
(dott. Marcello Marafante)
Carpignano Sesia, 05 novembre 2015