mercoledì 26 febbraio 2014

Otorinolaringoiatra?

 <“ Ma questo bimbo non ci sente!!”>.
Prestando un  un po’ di attenzione ci siamo accorti che il nostro piccolo Tommaso probabilmente ha un deficit uditivo.
La nostra pediatra suggerisce: forse si’, l’orecchio destro potrebbe aver un piccolo deficit. Anche la maestra della scuola materna se ne era accorta.
Per cui per verificare l’effettivo problema chiediamo alla pediatra di farci l’impegnativa per una visita dall’otorino.
Vado alla Asl, ma i tempi di attesa:  3 mesi.
Cosi’ decidiamo di portarlo da un medico privato.

18 Febbraio.
Arrivo nella città dello studio medico, a Gallarate,  suono al campanello, ed una voce rassicurante mi dice: “prego salire all’ultimo piano”!
Bene siamo all’attico. Quando entro la prima cosa che mi viene in mente è: “qui ci pelano, speriamo di avere abbastanza soldi nel portafoglio.
Va beh! Anche se io mi trovo in cassa integrazione, dopo 24 anni di lavoro, e mio marito fa l’operaio, questa visita non ci manderà in malora! No?!
Per i figli questo ed altro.

La segretaria ci fa accomodare, il medico arriva, la visita è completa e professionale. Mio figlio, a differenza di quando è a casa, sembra un angelo. L’aspetto aiuta, occhioni azzurri, riccioli biondi. Il responso è: si’ deficit uditivo ma dovuto alle adenoidi ed al catarro depositato nell’orecchio. Mi suggerisce una cura con cortisone per un mese.
Già penso: “beh vedremo, io il cortisone per un mese non glie lo do” ma questa è un’altra storia.

Visita terminata, usciamo dalla stanza del medico ed entriamo in quella della segretaria.
Sorridente mi dice: “ per la visita sono 130,00 Eur”. Ah pero’….per fortuna i soldi giusti giusti che ho nel portafoglio. Mi sento piu’ leggera ora.
Lei ripone i soldi in una agenda e mi guarda compiaciuta salutando il piccolo "demonio," che dal dottore si fa visitare senza neanche un gemito, ispezione nasale con tubicino;  mentre a casa bisogna corrergli dietro solo per mettergli le calze…

io:“ Scusi, per favore la fattura?”.
Segretaria: “A, si scusi lei, ma ne ha bisogno?... perché?... ha… un assicurazione?”
Io:“no, la scarico dal 730!”
La segretaria sorpresa e impreparata mi risponde“Ah… beh allora se vuole... possiamo fare 100,00 Eur per la visita

Credo di essere diventata paonazza! “ no mi faccia pure la fattura,  la scarico dal 730 e il suo datore di lavoro almeno ci pagherà anche l’irpef!”.

Il numero progressivo della fatturazione al 18 febbraio?   N°3! tre misere fatture, eh si, c’è proprio la crisi che morde… povero dottore, come farà a pagare lo stipendio alla segretaria? Sarà costretto a licenziarla forse? Povera segretaria.
<Dai Tommaso andiamo>, uscendo dallo studio un altro paziente attende la visita, ed un altro ancora lo incrocio per le scale, ehm…… fattura n. 4 e 5?
“Fattura numero tre che vergogna… Una cosa è certa, questo medico non mi vedrà piu’ e neanche lo consiglierò alle mie amiche”.
  
Unica nota positiva della giornata.
In macchina al ritorno, con i pensieri piu’ disparati nella testa, mi fermo ad un semaforo rosso che dura un po’ piu’ a lungo del solito.
Il mio dolce angioletto seduto nel seggiolino posteriore, 5 anni, mi dice: “mamma spegni il motore che stai consumando benzina per nulla” siamo fermi al semaforo.
Sorrido e mi dico tra me e me: “ speriamo di riuscire a crescere una nuova generazione con piu’ etica e rispetto per le persone”.


Selina

sabato 22 febbraio 2014

Le mucche non mangiano cemento







“C’è qualcuno che chiede aiuto ma nessuno ascolta. Quando qualcuno sente la richiesta, pensa che tanto sia ormai impossibile fare qualcosa e vorrebbe lasciar perdere. Però mondi apparentemente lontani sono interconnessi e una piccola azione come leggere un libro può avere effetti grandi.”

Queste parole semplici del professore delle nuvole Luca Mercalli scritte in collaborazione con Chiara Sasso, contenute nelle pagine illustrate di Le mucche non mangiano cemento SMS edizioni, quanto mai sono vere. Avrei dovuto leggerlo prima. Come sono in ritardo. Cosi come lo siamo tutti nel sottovalutare la devastazione artificiale che l’uomo nel nome del progresso perpetra quotidianamente al ritmo di rulli compressori e colate di cemento. Ci vuole impegno civile serio e onesto, purtroppo quest’ultimo viene meno per colpa del consumismo e della globalizzazione e preservare il Suolo, primo e ultimo anello della catena alimentare, con tutte le sue biodiversità è sempre più difficile. Sempre elegante e nutrito da ricchissime citazioni questo non è solo un ottimo manuale di divulgazione scientifica ma un chiaro messaggio rivolto all’intelligenza umana. Abbiamo perso i saperi e dimenticato le fatiche di un tempo, neanche troppo lontano, esperienze di vita vissuta si leggono tra le testimonianze di gente che rappresentano un valore indiscusso, un patrimonio da salvare nella straordinaria Val di Susa in Piemonte Chiara Sasso ha raccolto in questo volume ricco fotografie degli autori, che mostrano la complessità e le meraviglie del maltrattato territorio italiano.

E’ dunque necessario tenere vivo l’impegno e il rispetto per quel Suolo che ci sostiene, nel vero significato della parola, che ci procura sostentamento, diversamente ripeteremo ciò che la storia ci ha già insegnato con la caduta dell’Impero Romano, quindi come diceva  J.W.Goethe anche se ogni saggezza è già stata pensata, bisogna solo cercare di pensarla ancora una volta, l’impegno di tutti noi a ripensare il valore della “terra” che come ogni altra risorsa naturale ha la necessità di essere amministrata correttamente per preservare il suo potenziale produttivo per le generazioni future.
Le mucche non mangiano cemento: ricordiamolo, sempre!


Carlo Magnaghi

sabato 15 febbraio 2014

Generazione Decrescente ad Oleggio




- Provate, se avete più di quarant’anni, a far parte di una generazione che si è sempre sentita dire che è fortunata perché ha avuto tutto.

Provate ad immaginare, per una volta, che cosa voglia dire davvero avere tutto. O pensare di averlo, almeno. Credete che sia facile dare un senso alla propria vita?

Provate a vivere in un mondo in cui tutto è già stato detto, o fatto, o scoperto, o inventato, o addirittura vissuto. Un mondo in cui i vostri padri possono vantarsi di aver costruito tutto da soli. Immaginate di non trovarvi sempre e comunque a vostro agio, in questo mondo costruito “per voi”, soprattutto quando avete molte ragioni per farlo.

Provate ad avere trent’anni e a dover lavorare a tempo determinato in un call-centre, magari vivendo ancora in casa dei genitori perché impossibilitati a (se non incapaci di) mettere su famiglia. Se non volete metter su famiglia, provate a metter su casa, quando non potete ricevere un prestito da banche ormai alla rovina che, magari dopo avervi fregato e dopo aver speculato in ogni modo, non si fidano (!) di voi.

Provate a crescere col cervello quotidianamente bombardato da impulsi che, quando non sono a scopo pubblicitario, vi fanno credere che, senza il minimo impegno o capacità, diventerete rock-star o divi televisivi. Crescete col boom della pubblicità prima e dei reality show poi, invece che con “Carosello”.

Provate ad uscire un sabato sera e sentire il vuoto fuori e dentro di voi, nel vedere molti, troppi coetanei incapaci di affrontare anche una semplice serata in discoteca senza ricorrere all’uso di sostanze più o meno legali.

Provate a crescere e maturare nel periodo storico in cui si stanno pagando le conseguenze sociali, ambientali, politiche ed economiche delle scelte sbagliate fatte da molte delle persone che oggi vi accusano di essere degli ingenui, dei deboli, degli svogliati.

Provate a non avere idea di cosa ne sarà del vostro domani, vuoi per i crash finanziari piuttosto che per i cambiamenti climatici.

Provate ad essere giovani in un mondo vecchio. Un mondo in cui la folle corsa al “di più”, al “più grande”, al “più veloce”, vi ha probabilmente fatto mangiare tre volte al giorno, ma vi ha tolto molto altro.

Provate, anche solo per un giorno. E ditemi se la Decrescita Felice non è l’unica risposta ai nostri problemi che non sia priva di senso, vivendo nella quasi totale assenza, tra l’altro, di uno straccio di spiritualità o di un briciolo di ideologia.

È stato fino ad oggi un viaggio a senso solo: verso l’alto. Ma chi vola troppo in alto, si sa, prima o poi viene colto dalla vertigine.

Noi siamo la vertigine. E vogliamo rallentare. Vogliamo scendere. Vogliamo decrescere!

Andrea Bertaglio


Preciso, pratico e sincero il pensiero di Andrea Bertaglio nel suo secondo libro Generazione Decrescente, edito da L’Età dell’Acquario, e scrivo di più: molto difficile trovarsi in disaccordo, a meno che di essere un pazzo o un economista!

Oramai la presa di coscienza delle generazioni nate dagli anni 70 in poi è dilagante: non si può produrre e consumare come si è fatto fino ad ora e vivere da “rincitrulliti” come si è fatto fino a ora, quindi (anche io ) siamo felici di passare da una società dei consumi a una società intelligentemente virtuosa, spetta a noi tracciare un nuovo paradigma culturale, noi, le nuove generazioni, che hanno il peso sociale economico ed ambientale sulle spalle, una vera scommessa per il futuro, altro che non abbiamo niente da fare!

Basta farci prendere per il Pil, la vita vera sta nella qualità, anche solo rimanendo a contemplare un arancio appeso a un albero di Natale, si possono apprezzare tutte le sfumature della nostra vita, rimanendone pienamente soddisfatti. Come scriveva Antonio Gramsci: bisogna opporre al pessimismo dell’intelligenza l’ottimismo della volontà. Generazione decrescente? Sì grazie! Passare dalla quantità, alla qualità della vita. Infondo, basta provarci. 
Carlo Magnaghi