- Provate, se avete più di quarant’anni, a far parte di una generazione che si è sempre sentita dire che è fortunata perché ha avuto tutto.
Provate ad immaginare, per una volta, che cosa voglia dire davvero avere tutto. O pensare di averlo, almeno. Credete che sia facile dare un senso alla propria vita?
Provate a vivere in un mondo in cui tutto è già stato detto, o fatto, o scoperto, o inventato, o addirittura vissuto. Un mondo in cui i vostri padri possono vantarsi di aver costruito tutto da soli. Immaginate di non trovarvi sempre e comunque a vostro agio, in questo mondo costruito “per voi”, soprattutto quando avete molte ragioni per farlo.
Provate ad avere trent’anni e a dover lavorare a tempo determinato in un call-centre, magari vivendo ancora in casa dei genitori perché impossibilitati a (se non incapaci di) mettere su famiglia. Se non volete metter su famiglia, provate a metter su casa, quando non potete ricevere un prestito da banche ormai alla rovina che, magari dopo avervi fregato e dopo aver speculato in ogni modo, non si fidano (!) di voi.
Provate a crescere col cervello quotidianamente bombardato da impulsi che, quando non sono a scopo pubblicitario, vi fanno credere che, senza il minimo impegno o capacità, diventerete rock-star o divi televisivi. Crescete col boom della pubblicità prima e dei reality show poi, invece che con “Carosello”.
Provate ad uscire un sabato sera e sentire il vuoto fuori e dentro di voi, nel vedere molti, troppi coetanei incapaci di affrontare anche una semplice serata in discoteca senza ricorrere all’uso di sostanze più o meno legali.
Provate a crescere e maturare nel periodo storico in cui si stanno pagando le conseguenze sociali, ambientali, politiche ed economiche delle scelte sbagliate fatte da molte delle persone che oggi vi accusano di essere degli ingenui, dei deboli, degli svogliati.
Provate a non avere idea di cosa ne sarà del vostro domani, vuoi per i crash finanziari piuttosto che per i cambiamenti climatici.
Provate ad essere giovani in un mondo vecchio. Un mondo in cui la folle corsa al “di più”, al “più grande”, al “più veloce”, vi ha probabilmente fatto mangiare tre volte al giorno, ma vi ha tolto molto altro.
Provate, anche solo per un giorno. E ditemi se la Decrescita Felice non è l’unica risposta ai nostri problemi che non sia priva di senso, vivendo nella quasi totale assenza, tra l’altro, di uno straccio di spiritualità o di un briciolo di ideologia.
È stato fino ad oggi un viaggio a senso solo: verso l’alto. Ma chi vola troppo in alto, si sa, prima o poi viene colto dalla vertigine.
Noi siamo la vertigine. E vogliamo rallentare. Vogliamo scendere. Vogliamo decrescere!
Andrea Bertaglio
Preciso, pratico e sincero il pensiero di Andrea Bertaglio nel suo secondo libro Generazione Decrescente, edito da L’Età dell’Acquario, e scrivo di più: molto difficile trovarsi in disaccordo, a meno che di essere un pazzo o un economista!
Oramai la presa di coscienza delle generazioni nate dagli anni 70 in poi è dilagante: non si può produrre e consumare come si è fatto fino ad ora e vivere da “rincitrulliti” come si è fatto fino a ora, quindi (anche io ) siamo felici di passare da una società dei consumi a una società intelligentemente virtuosa, spetta a noi tracciare un nuovo paradigma culturale, noi, le nuove generazioni, che hanno il peso sociale economico ed ambientale sulle spalle, una vera scommessa per il futuro, altro che non abbiamo niente da fare!
Basta farci prendere per il Pil, la vita vera sta nella qualità, anche solo rimanendo a contemplare un arancio appeso a un albero di Natale, si possono apprezzare tutte le sfumature della nostra vita, rimanendone pienamente soddisfatti. Come scriveva Antonio Gramsci: bisogna opporre al pessimismo dell’intelligenza l’ottimismo della volontà. Generazione decrescente? Sì grazie! Passare dalla quantità, alla qualità della vita. Infondo, basta provarci.
Carlo Magnaghi